Vi sarà spesso capitato di trovare nel fondo della bottiglia di vino un residuo solido, si tratta di cristalli di bitartrato di potassio. La presenza di tale residuo è spesso causa di deprezzamento o peggio ancora di rifiuto da parte del consumatore, dunque decisamente un inconveniente da evitare.
Questi residui in realtà non creano grossi problemi organolettici al vino ma prevalentemente sono molto visibili e possono arrivare alla cavità orale soprattutto quando si versano gli ultimi calici della bottiglia, lasciando al consumatore una percezione del prodotto non del tutto positiva.
Per prevenire il rischio che nel nostro vino possano verificarsi fenomeni di precipitazione tartarica, si possono adottare diverse tecniche, denominate tecniche sottrattive o aggiuntive a seconda della metodologia di intervento utilizzata.
Le tecniche sottrattive puntano ad eliminare il problema decurtando il vino di alcune delle sue componenti, ad esempio: la riduzione della concentrazione del bitartrato di potassio e l'asporto di una parte del potassio presente, rientrano nella categoria delle tecniche sottrattive.
Le tecniche aggiuntive contemplano l’aggiunta di elementi che modificano o evitano i processi indesiderati, ad esempio: l'aggiunta di colloidi protettori, composti in grado di evitare il processo di cristallizzazione del bitartrato, è una tecnica definita aggiuntiva. Con questo metodo, infatti, manterremo inalterato il quadro organolettico del vino ma non permetteremo il verificarsi delle condizioni che permettono la salificazione e la precipitazione del potassio in eccesso.
La possibilità di commerciare liberamente, con molta più facilità e velocità i nostri prodotti in tutto il mondo, ha fatto sì che il problema della stabilità del vino sia diventato nel tempo sempre più sentito. L’esportazione del nostro vino in tutto il mondo, sottopone il prodotto a viaggi lunghi e a
Un ulteriore stress chimico/fisico dovuto al passaggio dei container in aree geografiche con sbalzi termici decisamente importanti.
In considerazione di questo e anche del fatto che la shelf-life (data di scadenza) dei vini va via via assumendo notevole importanza per poter commerciare con paesi anche molto distanti da quello di provenienza, la ricerca scientifica si è indirizzata alla possibile soluzione di questa problematica.
Negli ultimi anni, infatti, tra le pratiche enologiche sopra descritte brevemente, si è fatta larga strada quella dell'utilizzo dei colloidi protettori, in particolare l'utilizzo di prodotti come ZENITH e ZENITH COLOR, appunto frutto della ricerca portata avanti in sinergia da importanti enti Europei pubblici e privati, università e aziende di forte rilevanza nel settore dell'enologia. Proprio questo coadiuvante sembra essere attualmente uno dei più utilizzati, risultando più economico e veloce della cosiddetta stabilizzazione a freddo, peraltro anche più invasiva e meno rispettosa rispetto all'uso dei colloidi.
ZENITH e ZENITH COLOR sono stabilizzanti derivanti da un poli-aminoacido prodotto a partire, dall'acido L-aspartico, aminoacido presente nell'UVA.
Sono considerati una vera rivoluzione nella stabilizzazione del vino, permettono infatti di abbandonare per sempre l'utilizzo del freddo, ridurre drasticamente i costi di produzione e le emissioni di gas serra, rispettare le caratteristiche organolettiche del vino e garantire la perfetta stabilità tartarica e del colore nel tempo.
Attualmente vengono stabilizzati con ZENITH e ZENITH COLOR più di 6 milioni di hl. Di vino, con un risparmio di oltre 8000 tonnellate di CO2 non emesse in atmosfera e circa 33 milioni di litri di acqua risparmiati.
ZENITH e ZENITH COLOR sono coadiuvanti efficaci e rapidi nell'inibire la precipitazione del bitartrato di potassio, sono liquidi e facili da utilizzare, non alterano minimamente le caratteristiche organolettiche del vino e non modificano la sua filtrabilità, per questo motivo possono essere tranquillamente utilizzati prima della filtrazione finale.